3° INCONTRO

Cosa fare nella mia città: "Moneta complementare e città di Ferrara"
Relatore: Gianni Belletti
domenica 4 ottobre ore 17,00 - 18,30
Piazza Ariostea nell’ambito della manifestazione “Tuttunaltracosa” presso
Area Incontri IL TOPOLINO SOLIDALE
Le esperienze nel corso della storia di monete complementari. L'esperienza e il timing di azione nella comunità cittadina di Ferrara. Con le monete complementari ci si accorge che il Debito pubblico è una truffa, che la moneta può essere emessa a credito della comunità e che si può crescere economicamente e finanziariamente senza alcun limite monetario. Esiste una moneta biologica al servizio dell'uomo (specialmente dei più deboli) in equilibrio con la natura.

Storiella sul debito pubblico di Louis Even, del Credito Sociale:

cinque naufraghi riuscirono a raggiungere un’isola deserta. Si trattava di un muratore, un contadino, un allevatore, un esperto in agraria e un ingegnere minerario.
Secondo le rispettive competenze, i cinque si dettero da fare per realizzare una comunità funzionale e soddisfacente. Il muratore si mise a costruire capanne; l’allevatore cominciò a catturare e porre in recinti gli animali utili per ottenere latte, uova e carne; l’agronomo e il contadino si dedicarono ai frutti della terra; l’ingegnere procurò i metalli per forgiare utensili, pentolame, chiodi e quant’altro era necessario.
La vita procedeva serena; un solo inconveniente creava qualche problema di convivenza: lo scambio dei beni, frutto delle rispettive attività, non poteva avvenire in uno stesso momento e la mancanza di appropriati strumenti economici imponeva una serie di riunioni con discussioni piuttosto complesse.

Successivamente arrivò sull’isola il sopravvissuto di un altro naufragio.

Sbarcò da una scialuppa malridotta con la quale aveva portato poche cose frettolosamente salvate, tra cui una pressa, una cassa piena di carta e un barile sigillato. Il nuovo arrivato fu ben accolto dai cinque, contenti di veder la propria comunità crescere, e la loro gioia aumentò quando seppero che si trattava di un banchiere. Proprio quello che mancava: una persona capace di organizzare l’economia dell’isola.

Il banchiere, preso atto delle attività dei cinque, disse: «Per far funzionare bene le cose vi manca solo il denaro. È con il denaro che il contadino può comprare oggi ciò di cui ha bisogno senza dover aspettare la stagione del raccolto, e così gli altri il momento in cui avranno finito di costruire una capanna o di fabbricare un utensile. Io posso facilmente risolvere i vostri problemi. Con la carta e la pressa posso stampare 1000 dollari. Il barile che ho con me è pieno d’oro; lo sotterrerò in un posto segreto e lo lascerò in garanzia della copertura del denaro coniato. Vi presterò duecento dollari a testa a un interesse bassissimo: il 2% annuo. Io sarò garantito dai frutti delle vostre attività, dalle vostre capanne e dai vostri attrezzi».

Tutti si sentirono soddisfatti perché, risolta la questione della liquidità commerciale, ognuno poté tornare alle proprie attività senza avere più problemi.
Ma la serenità durò fino a quando, passato un certo tempo, cominciarono a fare dei conti e scoprirono una situazione assai spiacevole. L’ammontare del loro debito – capitale più gli interessi maturati – era superiore all’intero importo del circolante. Arrivò quindi il momento in cui fu indispensabile, per pagare gli interessi, mantenendo inalterata la liquidità necessaria all’economia dell’isola, chiedere altri prestiti, che il banchiere fu ben contento di concedere.

In quell’isola era così nato il debito pubblico.
Un debito destinato ad aumentare anno dopo anno.
Inevitabilmente il banchiere, a forza di conteggiare interessi, e gli interessi sugli interessi, stava diventando il padrone di tutti i beni presenti sull’isola e manifestava il proprio potere imponendo ai cinque quello che a parer suo dovevano o non dovevano fare. I cinque allora compresero quale errore fosse stato accettare quei 1000 dollari e che, se il denaro se lo fossero stampato loro, senza
l’intromissione di quel banchiere venuto dal mare, non avrebbero avuto i problemi che ora li affliggevano.
Il denaro rappresentava il valore dei beni presenti sull’isola e quindi, essendo loro i proprietari dei beni, avrebbero dovuto essere anche i proprietari del denaro sul quale nessuno avrebbe potuto pretendere il pagamento di interessi. I cinque allora, compresa la truffa, si ribellarono, rimisero il banchiere sulla barca con la quale era arrivato, e lo ricacciarono violentemente in mare.

A completare la vicenda, Even racconta che, quando i cinque andarono a dissotterrare il barile che doveva rappresentare la copertura aurea della moneta stampata, scoprirono che era pieno di sassi.


Nella realtà storica le cose sono andate pressappoco nello stesso modo, a parte la risolutiva conclusione della vicenda, la ricacciata in mare del banchiere e della sua barca.

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